Il 2023 è sempre più l’annus horribilis dell’industria meccanica. Soprattutto il fenomeno dei crediti fiscali incagliati, legati ai bonus edilizi, sta fiaccando le aziende del settore, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro. Sono principalmente due le tecnologie in sofferenza: le caldaie e le pompe di calore che, messe insieme, a fine anno potrebbero far registrare, secondo le proiezioni, una perdita di quasi mezzo miliardo di fatturati.

È questo il drammatico scenario descritto da un’elaborazione dell’ufficio statistica di Anima Confindustria meccanica varia, che Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare. Un’elaborazione che parla di ritardi nei pagamenti per un’azienda su due, di 14mila imprese a rischio fallimento e di 42mila lavoratori in pericolo, insieme alle loro famiglie.

«Il comparto dell’industria meccanica sta affrontando una situazione di crescente preoccupazione – racconta il presidente di Anima, Marco Nocivelli. Nonostante i timidi segnali di crescita di inizio anno, le crescenti crisi geopolitiche, il rialzo dei tassi e il concomitante problema dei crediti incagliati stanno mettendo a grave rischio l’intera filiera dell’impiantistica edilizia. Lo stop ai bonus edilizi continua a generare conseguenze dirette e indirette sulla filiera».

Va ricordato che, a parte alcune eccezioni, il Governo a febbraio ha sostanzialmente bloccato cessione del credito e sconto in fattura, due strumenti molto utilizzati nell’ambito dell’impiantistica e, più in generale, da tutta l’edilizia. In parallelo, è esploso il problema dei crediti incagliati, con diversi miliardi di euro (secondo alcune stime, almeno 30) che le imprese non riescono a monetizzare, perché non ci sono più soggetti disposti ad acquistarli. E, ad aggravare i problemi collegati ai bonus edilizi, c’è stata di fatto la chiusura del superbonus per unifamiliari e unità autonome nel corso del 2023, che sarà seguita dallo stop anche per i condomini nel 2024, quando lo sconto fiscale scenderà al 70 per cento.

«Per comprendere l’entità dell’impatto – continua Nocivelli -, nei primi otto mesi del 2023 tecnologie come le caldaie murali e le pompe di calore fino a 17 kW hanno subito una drastica contrazione delle vendite, rispettivamente del -27,8% e del -42,5%: parliamo di quasi mezzo miliardo di euro di fatturato andato perso». Più nel dettaglio, se la tendenza dei primi otto mesi del 2023 fosse confermata, queste due tecnologie chiuderebbero poco sopra i 930 milioni di fatturato (circa 630 alle caldaie e poco più di 300 milioni alle pompe di calore), quando nel 2022 avevano totalizzato oltre 1,4 miliardi (884 milioni per le caldaie e 527 milioni per le pompe di calore). All’appello, insomma, mancherà circa mezzo miliardo di euro. In un contesto nel quale, peraltro, i numeri dell’ultima parte dell’anno potrebbero addirittura peggiorare.

Per questo, Nocivelli parla di «un’intera filiera a rischio» e chiede di «sbloccare la situazione quanto prima, trovando soluzioni concrete». Per cercare un rimedio, Anima Confindustria ha messo a disposizione delle imprese una piattaforma che serve a favorire l’intermediazione tra imprese che hanno crediti da cedere e imprese che, con la loro capienza fiscale, possono acquisire crediti da smaltire tramite F24. Si tratta, ovviamente, di una soluzione solo parziale al gigantesco problema che affligge il settore in queste settimane.

Per questo, serviranno soluzioni più strutturate. «Come federazione – conclude Nocivelli -, insieme alle nostre associazioni di categoria, a nome dell’industria meccanica e dell’intera filiera dell’impiantistica, chiediamo con urgenza l’intervento del Governo per sbloccare la questione dei crediti incagliati al fine di sostenere il settore e preservare posti di lavoro». Qualche risposta dovrà arrivare dalla prossima legge di Bilancio.

 

Rif. e art: https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/gelata-mezzo-miliardo-caldaie-e-pompe-calore-AFFeDfEB